La Cranioteca Nicolucci del Museo di Antropologia dell’Università di Napoli Federico II

Riscoperta di una preziosa eredità culturale tra studio e divulgazione

Il Museo di Antropologia del Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche, istituito all’Università di Napoli nel 1881 su intervento di Francesco De Sanctis, Ministro dell’Istruzione del Regno d’Italia, rappresenta una tra le prime istituzioni a carattere antropologico sorte in Europa. Annovera più di 26000 reperti suddivisi in collezioni osteologiche, archeologiche ed etnografiche, molte delle quali, di epoca ottocentesca, sono costituite dagli esemplari delle ricerche di Giustiniano Nicolucci, eminente antropologo e fondatore del Museo.

Inizialmente custoditi nell’Istituto di Antropologia, i reperti più significativi del patrimonio, che illustrano la biodiversità e l’evoluzione anatomica e culturale dell’uomo, sono stati esposti al pubblico in due sale del Collegio Massimo dei Gesuiti nel 1999. Nel giugno del 2019 il Museo ha ottenuto una nuova sala il cui allestimento è stato realizzato con reperti recuperati dai depositi, dopo un approfondito lavoro di riscoperta e di studio in particolare della Cranioteca Nicolucci.

La Cranioteca, costituita da più di 2000 esemplari raccolti tra fine ‘800 e inizio ‘900, testimonia l’attenzione dei ricercatori verso lo studio del cranio umano quale principale strumento di analisi della variabilità biologica. Oltre ai crani provenienti da diverse parti del mondo include esemplari con malformazioni, descritti sinora solo nelle antiche pubblicazioni.
La recente ricognizione ha permesso di riportare alla luce ulteriori reperti affetti da anomalie dello sviluppo e, inoltre, crani recanti segni di traumi e malattie infettive, metaboliche, congenite e neoplastiche.

La Cranioteca Nicolucci rappresenta dunque un vero e proprio archivio biologico che documenta la presenza in popolazioni del passato di patologie che ancora oggi affliggono l’umanità. Sui principali reperti sono in corso studi con moderne tecniche di indagine per aggiornare le informazioni disponibili e dare ai ricercatori e al pubblico una visione della collezione al passo con le attuali conoscenze scientifiche.

Le anomalie dello sviluppo cranico e le alterazioni patologiche

Il principale studioso delle malformazioni craniche dei reperti della Cranioteca fu Abele De Blasio, medico e allievo del Nicolucci. De Blasio, nell’intento di apportare un contributo all’Antropologia criminale del Mezzogiorno, similmente a quanto faceva sui viventi, descrisse gli aspetti anatomo-morfologici dei principali crani malformati ritenendoli indicatori di malattie mentali o di comportamenti atipici. Secondo i criteri della scuola antropologica positiva De Blasio considerava gli “anomali” come gente da manicomio o delinquenti e individuava nelle differenze anche fisiche con le persone “normali” l’impronta della degenerazione morale per sancire l’inferiorità biologica del “diverso”.

I crani descritti da De Blasio sono risultati affetti perlopiù da macrocefalia, microcefalia, plagiocefalia (appiattimento del cranio) e scafocefalia (allungamento del cranio), anomalie dello sviluppo, oggi note come craniosinostosi (anomalie dovute alla fusione prematura di una o più suture craniche) causate da mutazioni in alcuni geni correlati con il processo di ossificazione, tra cui quelli codificanti per i recettori dei fattori di crescita dei fibroblasti (cellule tipiche del tessuto connettivo).

Il reperto più emblematico della Cranioteca è il cranio di Maria D. descritto da De Blasio come megalocefalo (1600 cm3) e piramoide, con fronte piatta e ossa nasali conformate a schiena d’asino. Maria, morta all’età di 52 anni all’Ospedale degli Incurabili di Napoli, pare fosse affetta in vita da epilessia e “per la testa a cocuzzolo, le orecchie scollate dal cranio, gli occhi sporgenti” e le crisi di cui soffriva era soprannominata la Strega dagli abitanti del quartiere napoletano Pendino.

Di notevole valore storico e scientifico è la riscoperta di alcuni crani di feti umani in diverse fasi dello sviluppo che presentano chiusura prematura di una o più suture craniche. Nell’ambito dei crani patologici molto interessanti sono risultati alcuni reperti, finora mai esaminati, con segni riconducibili alla sifilide, patologia che tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo ha costituito un serio problema epidemiologico. Dall’analisi morfologica delle tracce che questa malattia lascia sul cranio (fori, cavitazioni nodulari e lesioni) e sui denti (tipica forma a gelso con evidenti perforazioni dello smalto) è emerso che il Museo possiede decine di esemplari affetti dalla forma congenita o venerea della patologia.

Cranio piramoide di Maria D. e di individuo affetto da sifilide venerea
Dal Museo al pubblico

I reperti più significativi della Cranioteca Nicolucci presentati nella nuova sala, grazie anche agli studi in corso, concorrono ad arricchire i percorsi educativi ideati per le scolaresche e per la cittadinanza nell’ambito dell’attività di didattica museale e di divulgazione della cultura di cui il Museo è promotore. L’ampio ventaglio di proposte offre l’opportunità di approfondire, anche grazie ad attività di laboratorio, diversi argomenti scientifici connessi allo studio dell’uomo. In particolare, il nuovo percorso sul recupero dei resti scheletrici umani permette di comprendere in che modo i paleopatologi ricostruiscono lo stile di vita e lo stato di salute delle popolazioni antiche. L’approccio didattico prevede il coinvolgimento attivo soprattutto degli studenti delle scuole superiori che in laboratorio sperimentano moderne tecniche di indagine morfologica e molecolare, utilizzando anche tecnologie informatiche e multimediali innovative.

Laboratorio di biotecnologie

A seguito dell’emergenza sanitaria il Museo, in linea con gli obiettivi del Centro Museale, ha rimodulato i percorsi educativi adeguandoli alle normative di sicurezza. Oltre a riorganizzare la modalità delle visite guidate è stato potenziato il lavoro individuale degli studenti nelle attività di laboratorio e sono state introdotte lezioni teorico-pratiche di approfondimento sulle biotecnologie. Il Museo ha inoltre realizzato diversi video di divulgazione dei più recenti lavori di valorizzazione delle collezioni, alcuni dei quali sono disponibili sul sito web del Centro Museale e sui canali social.

Lucia Borrelli

Lucia Borrelli

Biologa, specializzata in Tecnologie Biomediche, dottore di ricerca in Biologia Evoluzionistica, è funzionario del Centro Musei delle Scienze Naturali e Fisiche dell’Università di Napoli Federico II dove si occupa dello studio e valorizzazione delle collezioni del Museo di Antropologia, di didattica museale e di divulgazione scientifica. Tutor in progetti formativi per le scolaresche, collabora alla realizzazione di mostre ed eventi culturali. È autrice di pubblicazioni, di carattere scientifico e divulgativo, su riviste nazionali e internazionali.

Mariailaria Verderame

Mariailaria Verderame

Laureata in Scienze Biologiche, dottore di ricerca in Biologia Avanzata. È stata docente di Biologia dello Sviluppo, vincitrice del premio De Concilis “Ultime frontiere della biologia molecolare”, ha conseguito l’Abilitazione Scientifica Nazionale -II fascia. Da anni studia la regolazione dei meccanismi molecolari della riproduzione e dello sviluppo. Vincitrice di una borsa dell’Ordine dei Biologi sta svolgendo una ricerca biomolecolare sui crani malformati del Museo di Antropologia. È autrice di numerose pubblicazioni scientifiche internazionali.