Pochi mesi prima che la pandemia scompigliasse le motivazioni di tutte le nostre consuetudini culturali, il CAMS – Centro d’Ateneo per i Musei Scientifici dell’Università degli Studi di Perugia mi chiese di realizzare alcuni videoclip – spot fu la richiesta – che raccontassero gli otto musei che compongono il Centro.
Le collezioni del CAMS spaziano dalla storia naturale alla scultura classica, passando per l’anatomia umana, la zoologia, la storia dell’agricoltura, exhibit di matematica e i percorsi di due orti, botanico e medievale. Con questa enorme varietà di fronte agli occhi cercai da subito un tema o un’immagine che permettesse un racconto unitario.
Cosa raccontano nel loro insieme queste collezioni?
Sono mondi lontani tra loro, ma cosa li accomuna? Confrontandomi con i curatori e i responsabili del Centro pensai che questi diversi mondi erano tutti lì, accessibili: basta una rampa di scale per passare da un viaggio nel corpo umano a un’avventura in Africa. Mondi a portata di mano divenne il titolo. Questo mi suggerì anche chi, o cosa, dovesse esserne il protagonista: le mani.

Del resto una delle cose che più colpisce i visitatori del CAMS è il fatto che le collezioni siano letteralmente a portata di mano, con campioni esposti in mezzo al percorso, fuori dalle teche e spesso manipolabili. Non è solo il concetto di hands-on ludico delle postazioni interattive, ma una vera e propria esperienza tattile su busti in gesso, teschi frenologici e fossili di mammuth.
Le mani dunque sarebbero state le protagoniste. Già, ma quali mani? Per ognuno degli otto musei avevo bisogno di un paio di mani che rispecchiassero i concetti racchiusi nell’esposizione, che fossero coerenti con essa; mani di visitatori, mani di tecnici al lavoro, mani con un vissuto vicino ai campioni.
Quando individuai che tipo di mani avrei voluto per ogni museo non rimase che effettuare un vero e proprio casting delle mani: “Conosci un uomo con tatuaggi dall’avambraccio alle dita?” o “Avete degli operai meccanici al CAMS?”, oppure “Perfette! Le tue mani sembrano da strega”.
Solo a quel punto pensai di poter accendere la telecamera per effettuare le riprese. La serie di video consiste in 8 spot da 30 secondi, uno per museo, più un videoclip lungo che li raccoglie tutti.

A porte chiuse e mani ferme
Conclusa la pubblicazione dei video, dopo neanche un mese i musei, come tutto il Paese, chiudevano i battenti. Di colpo quei Mondi non erano più a portata di mano. Anzi, il mondo evolveva in una direzione nella quale le mani diventavano un nuovo tabù: toccare gli oggetti, darsi la mano, tutti comportamenti non più legittimi.
Naturalmente il racconto dei musei non era ridotto solo “alle mani”, c’erano molti altri elementi che continuavano a funzionare, come i dettagli in primissimo piano dei campioni, le texture, le parole chiave. Ciò che però in quel momento non poteva più funzionare era proprio l’impostazione di tipo pubblicitario. In fondo questa serie dice allo spettatore: “Ehi, qui ci sono dei mondi da visitare, vieni a trovarci!”. Ma nel mondo dei lockdown e delle zone rosse questa promessa non può essere mantenuta.

Solo uno
Come tutti gli operatori della cultura abbiamo cercato allora di delineare una modalità per portare i contenuti alle persone a casa. La nuova serie di video, ancora un ciclo di otto, doveva essere più vicina ai contenuti, più esplicita nel raccontarne i dettagli. Volendo rimanere nel formato breve, la visita guidata virtuale o il racconto completo di ogni museo erano esclusi. Inoltre, sono onesto con me stesso, difficilmente quando esco da una visita a un museo ricordo tutto quello che ho visto; più facilmente me ne torno a casa con una singola storia specifica nella mente, un preciso personaggio, un racconto, che però spesso riesce ad ancorare tutta l’esperienza vissuta in un museo.
“Ecco, serve qualcosa così” pensai. Ragionando con Sergio Gentili, responsabile del Polo di Casalina, venimmo fuori con l’idea di raccontare solo un campione per ciascun museo. Un campione a simboleggiarli tutti, un’operazione olimpica di sintesi. Inoltre, in quel momento quel campione era per tutti i visitatori che non potevano entrare nel museo.
“Un campione per tutti” diventò il titolo di questa seconda serie di video brevi che racconta il CAMS. Otto campioni, otto aneddoti e otto parole che li racchiudono.

Imparare in fretta
La pandemia ha costretto le istituzioni culturali a rivedere la propria comunicazione nel giro di poche settimane. Di punto in bianco tutti hanno sentito la necessità di essere online, di portare i propri contenuti a casa delle persone. Gli strumenti di comunicazione come i video sono improvvisamente passati da essere un volantino di invito al museo a essere il museo. Ci siamo tutti accorti in modo molto brusco quanto sia importante un contatto genuino, più diretto, con il nostro pubblico anche attraverso un media come il video che molto spesso invece era inteso solo come comunicazione informativa, a senso unico.
Guardando oltre le difficoltà oggettive del momento, credo che questa nuova impronta, più orientata verso il pubblico e al dialogo, non possa che giovare alla comunicazione degli enti culturali anche nel momento in cui si potrà tornare a visitare musei e gallerie. Del resto è proprio quello che si fa in presenza, perché non farlo in video?