La collezione di gessi dell’Università degli Studi di Perugia si deve alla sensibilità artistica e all’ iniziativa dell’etruscologo Filippo Magi (Sesto Fiorentino 1905-Roma 1986) il quale, all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso, concepì per i suoi studenti un luogo in cui osservare alcune copie dei capolavori dell’arte statuaria greco-romana ed etrusca, sparsi nei musei di tutto il mondo.
Attorno a un nucleo iniziale di poche unità la raccolta si è arricchita nel corso dei vent’anni successivi, fino alle cospicue dimensioni attuali di 86 gessi, esposti all’interno degli ex magazzini di Palazzo Pontani, tuttora sede del Dipartimento di Lettere dell’Università di Perugia, in via dell’Aquilone, 7. Un recente intervento di ristrutturazione delle sale storiche e di restauro delle statue, condotto dal Centro di Ateneo per i Musei Scientifici (CAMS), ha permesso il riallestimento di questo grande spazio espositivo, sottratto alla destinazione di aula didattica, ripensato per essere a disposizione del pubblico, per eventi e iniziative culturali ad ampio raggio.
La storia della collezione
La storia della Gipsoteca universitaria si collega a quella dell’Università di Perugia quale rilevante centro di ricerca e formazione in ambito archeologico nella seconda metà del secolo scorso: siamo, infatti, negli anni della fondazione dell’Istituto di Archeologia, avvenuta poco dopo l’istituzione della Facoltà di Lettere e Filosofia nell’Ateneo perugino, con lo stesso Filippo Magi titolare della Cattedra di Archeologia e storia dell’arte greca e romana, poi di quella di Etruscologia e antichità italiche. La rilevanza della Gipsoteca perugina è collegata anche alla favorevole contingenza storica che volle Magi direttore dei Musei Vaticani dal 1954, e contemporaneamente, a partire dal 1961, direttore del neonato Istituto di Archeologia nel capoluogo umbro.
Ciò permise a Magi di commissionare per la Gipsoteca di Perugia, inaugurata nel 1970, calchi in gesso degli originali esposti ai Musei Vaticani, avvalendosi della perizia tecnica di alcuni dei più abili formatori contemporanei, fra i quali Giovanni Cappelletti e Carlo Mercatali. Pur in controtendenza con il progressivo disuso delle gipsoteche come strumento didattico, Magi guidò l’ampliamento della raccolta fino al 1980 per mezzo di acquisizioni, donazioni e acquisti sul mercato antiquario.
La visita
Punta di diamante della collezione è il gruppo del Laocoonte, capolavoro di scuola rodia, riferibile al III secolo a.C. e attribuito da Plinio il Vecchio agli scultori Agesandro Atenodoro e Polidoro, il cui originale ellenistico è andato perduto, ma del quale esistono molteplici copie di età romana. Il rinvenimento a Roma, nel 1905, del cosiddetto braccio Pollak, considerato pertinente al gruppo statuario del Laooconte, comportò il reintegro della scultura. L’operazione, su cui Magi intervenne in qualità di massimo esperto, fu effettuata tramite calco: un esemplare delle prime copie reintegrate del gruppo rodio è quella oggi custodita a Perugia.
La collezione è oggi ripartita in tre sezioni: quella greca è alloggiata nella sala superiore di Palazzo Pontani, pavimentata in marmo rosso e scandita da archi in pietra a sesto acuto. Qui sono esposti 54 calchi di cui i più significativi sono: un capitello dell’Eretteo dell’Acropoli di Atene, impostato su base girevole, l’Ares Ludovisi, l’Apoxiomenos di Lisippo da copia ai Musei Vaticani, la Venere di Milo, il cui originale è conservato a Parigi al Museo del Louvre, il Discobolo di Mirone, alcune sculture del frontone est del Partenone di Atene, l’Aristogitone, dal gruppo dei Tirannicidi (470 a.C.), l’Auriga di Delfi, opera bronzea originariamente posta su un carro con quattro cavalli con uno staffiere accanto in piedi, realizzata per celebrare la vittoria del tiranno di Gela nei giochi del 478 o 474 a.C.
La sala inferiore ospita le sezioni etrusca e romana, con l’Allegoria del Nilo, calco della monumentale scultura oggi ai Musei Vaticani, collocata al centro della stanza. Sulla parete di fondo si trovano due calchi dei rilievi del recinto dell’Ara Pacis di Augusto a Roma, collocati a destra e a sinistra della copia di Augusto col capo velato, proveniente da Via Labicana a Roma.
Fra i gessi etruschi vi sono il Marte di Todi (fine V secolo a.C.), così chiamato perché rinvenuto nel 1835 in località di Monte Santo a Todi e dal 1836 collocato nel Museo Gregoriano Etrusco dei Musei Vaticani e la Chimera di Arezzo (400-350 a.C.), bronzo votivo scoperto nel 1553 che entrò subito a far parte delle collezioni di Cosimo I dei Medici a Firenze. Entrambi si distinguono per il trattamento a patina scura ad imitazione della cromia del bronzo ossidato, (400-350 a.C.).
Il valore delle Gipsoteche
Le Gipsoteche come quella di Perugia non hanno per nulla perduto il loro valore di luoghi di testimonianza dell’antichità attraverso il fascino che lega l’originale alla sua copia. Nondimeno documentano la grande abilità artigiana che distinse da sempre il nostro Paese.