Il Museo Diocesano di Bobbio

L’affermarsi di un’istituzione

La storia del Museo Diocesano di Bobbio (Piacenza), pur essendo recente, affonda le proprie radici identitarie nel plurisecolare costrutto socio-economico del borgo che lo ospita. Viene fondato nel 2014, mille anni dopo la nascita della diocesi bobiense con l’insediamento del primo vescovo Pietroaldo, all’interno del palazzo vescovile che si affaccia sulla centrale piazza Duomo.

Il percorso si snoda in dieci sale nelle quali trovano dimora argenti, paramenti, dipinti e sculture testimoni della vicenda ecclesiale locale e divenuti protagonisti del progetto di musealizzazione volto alla valorizzazione del patrimonio culturale e realizzato durante la permanenza episcopale terminata nel 1973 con la morte dell’ultimo, settantesimo, vescovo Pietro Zuccarino.

La collezione del Museo Diocesano di Bobbio

La collezione consta di circa 150 oggetti riferibili al territorio della diocesi di Bobbio (dal 1989 diocesi di Piacenza-Bobbio). Un panorama che abbraccia geograficamente la Liguria e l’Emilia Romagna e che si pone, oggi come un tempo, quale trait d’union tra le due realtà socio-culturali. È una collezione in divenire, che spazia dal più contemporaneo calice in argento del maestro georgiano Goudji al pastorale gotico del vescovo Mondani datato 1479. Ricchi messali post tridentini e preziosi volumi miniati come l’antifonario corale di fine XIV secolo provengono dall’archivio rococò in legno di noce voluto dal vescovo Cornaccioli tra gli anni Venti e Trenta del Settecento. Fra le produzioni pittoriche si evidenziano opere di Francesco Bassano (1549-1592), Agostino Santagostino (1635-1706), Giovanni Andrea De Ferrari (1598–1669) e Daniele Crespi (1598-1630).

Pastorale del vescovo Mondani
Il catalogo museale

La recente tesi magistrale dello scrivente contiene l’inedito catalogo delle opere conservate ed esposte nel percorso museale. L’inventariazione e la catalogazione delle testimonianze artistiche, molte delle quali non erano ancora state schedate, sono uno strumento imprescindibile per l’identità socio-culturale del museo la cui l’attività è strettamente riferibile all’interconnessione e allo sviluppo della rete di legami che lo allacciano al territorio che lo ospita. Nel catalogo si pongono le basi indispensabili per la conoscenza, la tutela e una valorizzazione consapevole dei beni che rischiano di essere dimenticati.

Sala dell’archivio
La valorizzazione del patrimonio

Valorizzare responsabilmente il patrimonio implica l’adozione di un’ottica integrata che mira certamente alla salvaguardia dell’integrità conservativa dell’opera ma che contemporaneamente è in grado di cogliere le sfaccettature più sottili nelle quali si esplicita l’attitudine dei visitatori. Partire dal presupposto che l’individuo possa fruire, godere e quindi com-partecipare all’interpretazione del percorso museale fornisce una chiave di lettura che trasla l’approccio da passivo a proattivo. I musei che vedono nel numero dei visitatori una sola opportunità economica tradiscono la propria identità e la radice concettuale della propria mission.

Il futuro del Museo

Sottolineare come il museo appartenga a una specifica località non è una semplice precisazione geografica. Nella programmazione, anche strategica, dell’attività culturale comunale il ruolo svolto e le potenzialità eventuali dell’attività museale sono un fattore di tutto interesse. Innanzitutto perché è rilevante il coinvolgimento delle persone che, se opportunamente sensibilizzate, sono in grado di generare affezione non soltanto allo stesso museo ma anche al territorio che lo ospita. È questo il caso del riposizionamento di immagine di alcuni luoghi che hanno sfruttato e sfruttano il sostegno all’attività museale per riabilitare o cambiare la percezione che di essi hanno gli individui.

Il museo è anche il volano d’elezione per la trasmissione di nuove idee, per il trattamento o la risoluzione di controversie o conflitti che affliggono le società oggigiorno. Proprio per il suo orientamento alla perdurabilità, per il suo farsi trasmettitore tra passato e futuro, il museo può accogliere e gestire quelle conflittualità culturali più ostiche e farsene moderatore.

Fabio Obertelli

Fabio Obertelli

Sales and Collection Promotion Consultant presso la Galleria Giorgio Baratti di Milano; laureato, ventitreenne, con lode in Gestione dei Musei presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; membro dell’International Council of Museums e coordinatore del corso di alta formazione CIVES organizzato dall’Università Cattolica di Piacenza in collaborazione con la diocesi di Piacenza-Bobbio. Da anni mi occupo di ricerca storico-artistica e di museologia pubblicando su riviste del settore