Il settecentesco Teatro Anatomico dell’Università di Modena e Reggio Emilia

Dalla costruzione al recente restauro
Modena, Teatro Anatomico

Nel 1772 il duca Francesco III d’Este (1698, duca dal 1737 al 1780) realizzò la riforma dell’Università con la promulgazione dei 15 titoli delle Costituzioni per l’Università di Modena e la nomina di un organo di Governo, il Magistrato sopra gli Studi. Per l’insegnamento della Chirurgia e dell’Anatomia nello stesso anno 1772 venne chiamato a Modena il ventenne Antonio Scarpa (1752-1832), che si era laureato all’Università di Padova dove era stato discepolo di Giovan Battista Morgagni (1682-1771) e aveva fatto pratica chirurgica presso i principali ospedali di Bologna.

Antonio Scarpa (1752-1832)
Antonio Scarpa (1752-1832)

Grazie alla collaborazione della ducale Opera Pia Generale dei Poveri, responsabile della gestione dell’Ospedale Sant’Agostino costruito pochi anni prima, tra il 1753 e il 1758, per volere dello stesso Francesco III, Scarpa poté fare lezione presso lo stesso Ospedale. Le dissezioni dei cadaveri venivano effettuate con difficoltà in una saletta posta al pianterreno della “fabbrica per li venerei”.

Prime idee progettuali

La realizzazione di un Teatro Anatomico era stata auspicata tra le altre strutture di cui avrebbe dovuto essere dotata la nuova Università statale, come si legge nel Messaggiere di Modena del 14 febbraio 1772 (n. 42). Michele Rosa (1731-1812), già docente di Medicina teorico-pratica a Padova, che aveva avuto a Modena l’incarico di presidente della Classe o Facoltà di Medicina, in una lettera inviata ai Magistrati sopra gli Studi il 18 dicembre 1772, si fece portavoce della necessità di avere un Teatro Anatomico per gli studenti di Anatomia, per i quali gli spazi dell’Ospedale Sant’Agostino risultavano inadeguati.

Pochi giorni dopo, in una “Relazione della visita della fabbrica dell’Università” che aveva redatto per incarico di Francesco III il 30 dicembre 1772, Rosa proponeva di utilizzare, per le lezioni di Anatomia, spazi presso il Collegio San Carlo, prevedendo di realizzare poi, in un’area contigua a questi, nel progetto che si andava delineando per il nuovo Palazzo dell’Università (ora sede del Rettorato), un “Teatro Anatomico da erigersi in figura ellittica”. Nel primo progetto del Palazzo dell’Università infatti, disegnato secondo le indicazioni di Rosa, nella “pianta del piano inferiore” è ben visibile il disegno di un teatro anatomico ellittico. Questo progetto per il Palazzo non risultò però soddisfacente tant’è vero che l’incarico di realizzarlo fu affidato nel 1774 all’architetto Gian Francesco Zannini che lo portò a termine nel 1776. 

L'isolato dell'Ospedale Sant'Agostino, pianta e vista dall'alto
L’isolato dell’Ospedale Sant’Agostino, pianta e vista dall’alto
L’individuazione dell’isolato dell’Ospedale Sant’Agostino

Francesco III all’inizio di febbraio 1773 attraverso la sua segreteria rispondeva al Magistrato sopra gli Studi osservando come “l’angustia dell’area, ove si dee stabilir l’ideata fabbrica” del Palazzo dell’Università fosse poco adatta per un Teatro Anatomico per cui permetteva che si realizzasse nell’isolato dell’Ospedale Sant’Agostino, nell’area in cui si trovava la chiesa di San Nicolò che fungeva “da deposito universale non solo dei morti degli Spedali Civico e Militare ma di tutta la città”.

La Congregazione dell’Opera Pia, come risulta dal verbale della seduta del 27 novembre 1773, in accordo con Scarpa dava la disponibilità “del sito entro il recinto di questo Civico Spedale pel Teatro Anatomico da erigersi, e sarà ove trovasi presentemente la fabbrica antica di San Niccolò, e terreno circondario, avendo commesso al capomastro Lorenzo Toschi di approntarne il disegno secondo le istruzioni già per esso in tal atto avute dal medico signor professore colla perizia della spesa che vi può occorrere.

Lorenzo Toschi, progetto del Teatro Anatomico, seconda metà secolo XVIII
Lorenzo Toschi, progetto del Teatro Anatomico, seconda metà secolo XVIII
Il progetto del Teatro coordinato da Antonio Scarpa

Nel frattempo  Scarpa, che aveva avuto da Ippolito Bagnesi l’incarico di occuparsi del coordinamento del progetto, si fece spedire da un suo vecchio insegnante, Girolamo Vandelli, professore modenese di istituzioni chirurgiche nell’Università di Padova, il modello del Teatro Anatomico padovano, per un costo di 364 lire: si trattava di un antico teatro realizzato nel 1595 da Girolamo Fabrici d’Acquapendente.

Altri due modelli furono realizzati uno dall’ingegnere e architetto ducale Lodovico Bolognini, per un costo di 360 lire, e un altro dal capomastro Lorenzo Toschi che aveva avuto l’incarico dalla Congregazione di Carità. Il progetto di Toschi, più economico, colorato da Luigi Putini, costato 135 lire, fu scelto dai Presidenti dell’Opera Pia che incaricarono il conte Giovanni Francesco Cantuti Castelvetri, uno di loro, di assistere ai lavori che iniziarono nel dicembre 1773.

La costruzione del Teatro

Per la costruzione del Teatro Anatomico fu attivata una sinergia tra tre istituzioni: l’Università degli Studi, che sostenne l’intera spesa della costruzione, l’Opera Pia, che realizzò le infrastrutture, e la Comunità di Modena che, pagando due terzi della spesa, (mentre l’altro terzo spettò all’Opera Pia), fece ricostruire la cappella di San Nicolò nello spazio adiacente al Teatro a nord, dove tuttora si trova. Il Teatro Anatomico fu terminato in un solo anno: venne inaugurato ufficialmente il 23 gennaio 1775 (Messaggiere di Modena, 25 gennaio 1775, n. 5).

Nell’”Estratto di perizia di collaudo del Teatro Anatomico” di Lorenzo Toschi del 16 maggio 1775, si legge che la struttura, costituita da un “imbuto di legno, o siano sedili, e comodi per li scolari nell’interno del Teatro medesimo”, era simile a quella realizzata a Padova dall’Acquapendente: un anfiteatro completo a ellissi allungata perpendicolarmente all’atrio, ma tuttavia meno alto e meno stretto di quello padovano, con gradinate più larghe e fornite di panche.

L’atrio del Teatro Anatomico, Modena
La struttura del Teatro

Nell’ingresso o atrio, al di sopra delle cinque porte che si affacciano su di esso, una per l’accesso principale al Teatro e due per il secondario, e altre due per le accesso alle camere laterali erano stati collocati cinque busti di illustri studiosi di medicina, realizzati dallo scultore pesarese Sebastiano Pantanelli per la somma di 135 lire ciascuno: Giacomo Berengario (1460-1530), Gabriele Falloppia (1523-1562), Bernardino Ramazzini (1633-1714, Francesco Torti (1658-1741), Antonio Vallisneri (1661-1730).

Sebastiano Pantanelli, busto di Gabriele Falloppia (1523-1562), seconda metà XVIII secolo
Sebastiano Pantanelli, busto di Gabriele Falloppia (1523-1562), seconda metà XVIII secolo

Nell’apprezzato discorso inaugurale in latino del 23 gennaio 1775, come si legge nel Messaggiere di Modena del 25 gennaio 1775, n. 5, Scarpa aveva dimostrato l’importanza dello studio dell’Anatomia mostrando “gli ingegnosi artifizi, che usar sogliono gli Anatomici nelle iniezioni, nelle dissezioni cadaveriche, e nelle microscopiche osservazioni, sorgenti proficue di utili verità”.

Dopo la Restaurazione, grazie al sostegno di Francesco IV arciduca d’Austria Este (1779, arciduca dal 1814 al 1846) per ampliare gli spazi destinati all’insegnamento delle discipline mediche sopra il Teatro Anatomico venne costruito un nuovo piano per ospitare i laboratori di Anatomia e il Museo Anatomico. Alla prima sala fu realizzata nel 1817 se ne aggiunsero successivamente per completare l’assetto attuale inaugurato nel 1853.

A seguito di questi lavori tre lati dell’ottagono, che conteneva l’ellisse del teatro, sul lato settentrionale furono ridotti ad un unico lato per consentire la costruzione di una scala di accesso al piano superiore  del Museo per cui il Teatro assunse la forma di cavea che ha tuttora.

Il Teatro Anatomico, in Il Mondo Illustrato, 1847
Il Teatro Anatomico, in Il Mondo Illustrato, 1847
Il recente restauro e le mostre di arte contemporanea

Il recente restauro del Teatro, progettato realizzato tra il 2016 e il 2017 (inaugurato il 9 febbraio 2018), si è inserito a completamento di un progetto di lavori di riparazione avviati a causa dei danni subiti dalla struttura per gli eventi sismici del 2012. Il restauro ha riguardato l’intero edificio settecentesco: in particolare la cavea lignea del Teatro, dove è stata recuperata l’antica cromia, l’atrio con i busti degli illustri studiosi e docenti di medicina e le sale attigue, a destra la sala degli esercizi, il laboratorio e la camera di studio del professore e a sinistra la sala che nel Settecento aveva ospitato il Museo Ostetrico. In occasione del restauro sono stati posizionati nelle due sale attigue, a est e a ovest, anche gli antichi tavoli anatomici di marmo.

Il restauro ha consentito di aprirlo al pubblico anche con numerose visite guidate realizzate con il sostegno della Fondazione dei Modena nell’ambito del progetto Ago Modena Fabbriche Culturali. Il restaurato Teatro è stato anche la sede di due mostre, curate dalla scrivente, di due artisti contemporanei, tuttora viventi, che hanno avuto grande affluenza di pubblico, inaugurate in occasione del Festivalfilosofia, nel 2018 dedicata a Carlo Benvenuto dal titolo “Gare de moi La follia della verità” e nel 2019 a Hermann Nitsch intitolata Prosopon Persona e aktion in Hermann Nitsch.

Hermann Nitsch, Last Supper, Anatomical Theater, Modena
Hermann Nitsch, L’ultima cena, Teatro Anatomico, Modena

Elena Corradini

Elena Corradini

Ricercatore di Museologia e Restauro all’Università di Modena e Reggio Emilia ora insegna Storia del Restauro degli Edifici Monumentali. È valutatore tecnico-scientifico del MIUR ed è coordinatrice della Rete dei Musei Universitari Italiani (www.retemuseiuniversitari.unimore.it). È stata membro del board e vicepresidente dell'ICOM-UMAC. Dal 1980 al 2006 ha lavorato per il Ministero dei Beni Culturali come Direttore archeologo a Modena, Bologna e come Dirigente a Roma; è giornalista freelance, autrice di quasi 170 pubblicazioni sulla museologia, la storia del collezionismo, la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale, recentemente sul patrimonio culturale universitario. Ha diretto interventi di restauro ed è stata curatrice di numerose mostre.