Il territorio della Tuscia è tra i più vari d’Italia e, dal punto di vista naturalistico, tra i più densi di storia. Qui papi, nobili e principi hanno valorizzato il territorio con i loro insediamenti e residenze decentrate, come testimoniano le numerose ville storiche, da Villa Lante a Bagnaia a Palazzo Farnese a Caprarola.
A rendere unico questo ambiente è soprattutto la presenza del Sacro Bosco di Bomarzo, il più esoterico dei giardini rinascimentali. Qui dietro l’inganno e la sorpresa di far scambiare ciò che è artificioso per ciò che è spontaneo e viceversa, c’è l’invito a una sorta di percorso iniziatico per condurre l’uomo verso la conoscenza di sé e la ricerca della verità, perseverando il carattere antropocentrico del giardino occidentale sul modello fornito da Francesco Colonna nella sua Hypnerotomachia Poliphili (1499).
Un itinerario labirintico costellato di mostri e di simboli che introducono in un mondo onirico e ludico, non da contemplare, ma da vivere. Il Sacro Bosco nell’ultimo secolo ha attratto artisti da tutto il mondo: da Salvator Dalì che lo andò a visitare nel ’48 a più tardi, nel 1965, Marcel Duchamp, ai diversi artisti che più di recente hanno deciso di realizzare nel territorio della Tuscia dei parchi/giardini come luoghi di auto iniziazione alle procedure di azione creativa, aperta agli sconfinamenti, dove le opere nascono dalla complessità delle interferenze.
Arte, natura e vita quotidiana
Gli artisti contemporanei, con i loro parchi/giardini, pongono il problema di una possibile fruizione dell’arte nella vita quotidiana e di una nuova relazione con la natura, realizzando, con un fare programmatico, dei luoghi fisici della creazione. Si tratta di pratiche artistiche progettate per siti specifici, di eventi in fieri, di interventi effimeri o deteriorabili in spazi aperti, naturali. Nel complesso si presentano come la proiezione delle idee, della formazione, dei gusti, delle scelte culturali, degli affetti dell’artista, insomma del suo stesso immaginario.
L’Italia centrale come luogo d’elezione del giardino d’artista
Molti e diversi sono i giardini d’artista in questo territorio: a partire dal festoso e onirico Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle (Capalbio), scintillante di luci e di colori come il Parco Güell di Gaudì e stravagante quanto il visionario Palais Idéal del Facteur Cheval a Hauterives (tanto amato dai surrealisti). È strutturato come un lungo percorso magico-fantastico attraverso enormi sculture rivestite di splendenti ceramiche che si accompagnano a ludiche e arrugginite macchine cinetiche di Jean Tinguely.
Simile è il giardino del suo irrequieto compagno di strada nouveau réaliste Daniel Spoerri (a Seggiano, vicino il Monte Amiata), dal misterioso nome Hic terminus haeret (“Qui aderiscono i confini”). Sorta di album di poesie, il giardino di Spoerri è impostato su un labirintico percorso tra le sue installazioni e quelle dei suoi amici artisti tra cui Arman a Eva Aeppli, Mauro Staccioli in un insistito spaesamento sensoriale pieno di sorprese.
Con analoghe modalità si articola il giardino La Serpara di Paul Wiedmer a Civitella d’Agliano (VT). Qui le sue opere e quelle dei suoi amici artisti si celano tra rare essenze, locali o importate dall’Estremo Oriente. Le sculture in ferro di Wiedmer sputano fuoco rendendoci protagonisti attivi dell’opera che noi stessi, al passaggio, azioniamo attraverso cellule fotoelettriche.
Interpretando al meglio il genius loci di cui è permeato l’intero territorio della Tuscia, il fuoco aggiunge alle sculture elementi in più: la sorpresa, lo spaesamento, la meraviglia che le fa essere dirette discendenti proprio degli stupefacenti mostri di Bomarzo.
L’ultimo in ordine di tempo, dal 2017, è il Parco di Scultura Contemporanea a Bassano in Teverina (VT) di Lucilla Catania, artista che usa la pietra e il marmo sfidandone la staticità e l’inerzia e che ogni anno apre il suo parco/giardino alle pratiche artistiche dei suoi amici scultori.
Alcuni parchi sono invece il frutto di una collaborazione con l’amministrazione pubblica. È il caso di Campo del Sole a Tuoro sul Trasimeno, dove ventisette scultori internazionali, tra cui Nagasawa, Joe Tilson e Giò Pomodoro, sono stati invitati a confrontarsi sul tema della colonna, antico simbolo dell’uomo, ma anche secolare elemento che segna il limite tra sacro e profano. Le opere sono distribuite secondo un andamento spiraliforme e creano una architettura di sculture, simile a una misteriosa moderna Stonehenge con la sua doppia funzione sacrale e di marcatore territoriale.
Per un nuovo progetto estetico
Pur nella loro diversità i parchi/giardini d’artista sono il risultato di azioni libere che propongono un nuovo progetto estetico carico dell’antichissimo ma ancora vitale significato di kepos, giardino epicureo nato dal rifiuto della cultura egemonica di una società che si è allontanata dalla natura incontaminata.
Sono luoghi di riflessione, per conoscere sé stessi e per proporre una nuova etica fondata sulla felicità dell’individuo che oggi, nel nostro mondo globalizzato, dopo aver perduto la propria centralità, vuole ricostituirsi come soggetto, sebbene solo sulla base di equilibri precari, provvisori, incerti.