Il percorso espositivo “Il popolamento umano in Abruzzo” del Museo Universitario di Chieti si snoda attraverso le principali fasi che hanno caratterizzato la storia umana nella nostra Regione. Ciascuna fase è caratterizzata da specifici materiali e da un assetto paleobiologico peculiare delle singole popolazioni, inserite in un contesto socio-culturale e storico ben caratterizzato e conosciuto attraverso la documentazione archeologica. In particolare la storia del popolamento umano in Abruzzo viene ricostruita attraverso 4 tappe significative, rappresentate da altrettanti diorami, ricostruzioni tridimensionali di ambienti realmente esistiti.
Preistoria: dal Paleolitico all’età dei metalli
Questa fase è scarsamente documentata attraverso materiali diretti. Ciononostante il nostro territorio dispone di una delle rare popolazioni di uomini fossili note in Italia quale rappresentante dell’antica forma di Homo sapiens di Cro-Magnon. Infatti, un campione di 5 individui di varie età e di ambo i sessi è stato trovato durante gli anni ’60 in alcune grotte litoranee dell’antico lago del Fucino. Questo campione è datato a circa 14.500 anni fa ed è perfettamente documentato dal punto di vista antropologico.
Gli antichi abitanti del Fucino erano uomini anatomicamente moderni, sebbene alcuni caratteri peculiari suffragano l’ipotesi di un loro isolamento geografico. Questa prima sezione, oltre a contenere i fossili originali, espone anche le modalità di vita della comunità di cromagnoniani del Fucino. Le popolazioni abruzzesi preistoriche prediligevano un ambiente lacustre che offriva non solo una grande quantità di cibo da cacciare per la loro sopravvivenza, ma anche una serie di ripari naturali dove stanziare (Grotta Maritza, La Punta e Ortucchio). Le malattie più frequenti di questi uomini risultano essere quelle dentarie, correlate appunto al consumo di alimenti coriacei che richiedevano quindi una lunga masticazione.
Popolazioni italiche autoctone pre-romane
Il popolamento autoctono in Abruzzo, nelle varie fasi pre-romane era caratterizzato dalla grande bio-diversità umana dei vari gruppi che abitavano le differenti zone della regione. Le zone interne, caratterizzate da una grande stabilità biologica, con gruppi umani geneticamente chiusi, sono illustrate attraverso le popolazioni di Opi Val Fondillo (VII-V sec. a.C.), Bazzano e Fossa. Queste comunità, molto diverse per stili di vita e per ambiente nel quale erano inserite, sono perfettamente conosciute dal punto di vista paleobiologico. Queste popolazioni per lo più agricole, vivevano in una zona montana con posizione strategica, che offriva anche ampie zone pianeggianti utili per la coltivazione. Le necropoli di Opi e Bazzano hanno modificato il paesaggio circostante con la costruzione di tombe attraverso la messa in posto di grandi blocchi di pietra a formare delle strutture circolari all’interno delle quali venivano seppelliti individui senza distinzione di sesso ed età, ma probabilmente appartenenti allo stesso nucleo famigliare. Sebbene le patologie presenti sono caratteristiche di uno stile di vita sedentario, sono presenti anche casi di violenza interpersonale come l’individuo 80 di Opi che mostra numerose ferite da arma da taglio, che ne hanno sicuramente causato la morte.
La romanizzazione
Il contatto delle comunità locali, prevalentemente isolate, con le popolazioni romane, non fu di tipo genetico, ma prevalentemente culturale. Ciononostante lo stile di vita di alcune comunità cambiò in modo radicale e si hanno evidenze di luoghi nei quali le popolazioni locali, soggiogate dopo le guerre sannitiche, subirono gli effetti della romanizzazione anche a livello biologico. L’esempio più eclatante è quello della popolazione di Sulmona Fonte d’Amore (IV-II sec. a.C.), della quale sono esposti tutti i dati ed una selezione di reperti ossei significativi. Sulmona si trova in una zona pedemontana molto fertile, ai piedi del Monte Majella e Morrore, ottimo per le attività agricole, ma presentava anche altri vantaggi, in particolare la presenza di una cava di argilla sfruttata per la produzione di materiale edilizio e non solo. L’elevata incidenza di patologie artrosiche e traumatiche, nonché l’alto tasso di mortalità infantile, descrivono una popolazione esposta al degrado delle condizioni igienico-sanitarie, alla malnutrizione e a condizioni di vita logoranti.
Popolazioni medievali e post-medievali
Un esempio di popolazione medievale ricostruisce quali fossero i parametri che caratterizzavano le popolazioni dell’Abruzzo dell’epoca. La necropoli di Teramo Piazza Sant’Anna (VII-XII sec. d.C.), con i suoi oltre 120 inumati, rappresenta un esempio concreto di una popolazione urbana povera che viveva in condizioni igienico-sanitarie precarie ed in condizioni di nutrizione mediocri.
Queste condizioni erano responsabili di un’alta mortalità infantile e bassa aspettativa di vita, insieme ad un’alta incidenza di malattie infettive all’interno della popolazione. La stessa cosa vale per la popolazione post-medievale rinvenuta a Borrello (CH). Un esempio straordinario è composto dagli individui mummificati ritrovati a L’Aquila e a Casentino (AQ) che data la loro perfetta conservazione ci forniscono molte informazioni riguardo a delle popolazioni oramai totalmente legate alla città per la loro sopravvivenza. Queste popolazioni erano composte per lo più da gente povera che viveva di agricoltura e pastorizia, ma all’interno di un ambiente montano (L’Aquila, Casentino, Borrello) e collinare (Teramo) completamente antropizzato. Tutte queste città sorgevano in posizioni militari e ambientali strategiche, proprio come voleva la topografia medievale dell’epoca.