La polisemia del concetto di patrimonio genera difficoltà pratiche nei dialoghi in cui la parola è protagonista, sia al momento di adottare e discutere posizioni, sia quando si propongono sviluppi che, in un modo o nell’altro, lo riguardano. Il patrimonio si costituisce come parte di un campo rilevante di dispute e propositi in cui diversi attori possono cercare di rappresentare e interpretare prospettive sia personali che settoriali, in cui l’uso del significato scelto è testimonianza di una posizione e intenzionalità la cui portata supera di gran lunga tutto ciò che coinvolge direttamente i beni patrimoniali in questione in ogni contesto e circostanza particolare. Di solito, le diverse pretese di impegno sui beni patrimoniali di una società si presentano simultaneamente, per cui le controversie spesso raggiungono proporzioni considerevoli.

Questa situazione si presenta ripetutamente da parte della crescente mercantilizzazione della cultura (sostenuta molte volte da argomenti associati alla tradizione e alle tracce del passato) che è guidata da proposte intorno al turismo; l’uso dei beni patrimoniali come argomento per sostenere diritti che sorgono da posizioni identitarie (nel caso del nazionalismo e dell’indigenismo) e la loro valorizzazione come un fattore importante per lo sviluppo economico e la qualità della vita della popolazione (assegnando e condizionando spazi per il suo uso pubblico condiviso).

Memoria, identità, patrimonio
Le difficoltà provocate dalla diversità d’uso e d’interpretazione del concetto di patrimonio sono accresciute dalla stretta associazione che molto spesso gli si assegna con le nozioni di memoria e d’identità, ognuna delle quali riceve una iscrizione a varianti di significato che convergono con quelle generate intorno alle rappresentazioni sociali del complesso dei beni culturali e naturali.

Memoria, identità e patrimonio si sostengono e si alimentano reciprocamente come principali fonti argomentative dei frequenti programmi e dibattiti pubblici che trattano questioni relative a situazioni e beni associati al loro passato in un determinato territorio. Anche se si riconoscono significati di carattere individuale per ognuna di queste categorie, per il tema che ci interessa in tutti e tre i casi il riferimento riguarda il significato collettivo (o comunitario) che si attribuisce a queste espressioni.

Il patrimonio proprietà collettiva
L’atomizzazione dei significati dati al patrimonio, nella sua accezione di proprietà collettiva, è un ulteriore riflesso delle tensioni e considerazioni che si generano intorno a ciò che si intende come il bene comune della cittadinanza. Nella nostra società, i servizi pubblici indispensabili (come trasporto, elettricità, acqua potabile, salute, giustizia, educazione) hanno ruoli chiaramente assegnati di fornitore/consumatore e, con essi, i meccanismi che creano il flusso di denaro e la distribuzione delle responsabilità. Al contrario, in tutto ciò che è associato ai beni patrimoniali, le responsabilità e le attribuzioni sono sfocate e si risolvono caso per caso in modo aleatorio a seconda delle circostanze e contesti.

La rilevanza sociale del patrimonio
La maggior parte delle possibili attivazioni e gestioni dei beni di interesse patrimoniale restano in una prolungata situazione indefinita che può diventare definitiva. Lo spazio limitato che la società del nostro tempo concede per condividere i beni in modo collettivo, proiettati verso l’interesse e il bene comune, costituisce il tallone d’Achille della gestione patrimoniale che, paradossalmente, è l’argomento che compone la base discorsiva che giustifica la sua presunta grande rilevanza sociale.
In conclusione, i confini specifici della gestione del patrimonio in un distretto fanno parte delle espressioni con cui si manifestano ideologie e poteri dominanti, per cui la loro conoscenza costituisce anche una vasta analisi della situazione della società nel suo insieme.