La Società Africana d’Italia (SAI) fu un sodalizio di carattere geografico-commerciale fondato da alcuni dei nomi più in vista della società napoletana della seconda metà dell’Ottocento. Nata nel 1880 come Club Africano (1880-82), promosse una serie di iniziative di carattere scientifico, commerciale e divulgativo. Sostenne progetti di esplorazione e di ricognizione commerciale nelle regioni più direttamente connesse agli interessi coloniali italiani, organizzò conferenze e promosse corsi di lingue africane, dotandosi inoltre di un proprio Bollettino. Nel corso del ventennio fascista l’attività della Società andò incontro a un graduale ridimensionamento che portò nel 1975 alla chiusura formale della Società, il cui patrimonio fu acquisito dall’allora Istituto Universitario Orientale.
Il primo Museo della Società Africana d’Italia
Una delle testimonianze della storia e delle attività della SAI è rappresentata dal suo Museo. La realizzazione di un Museo Commerciale Coloniale che potesse rispondere all’esigenza di creare un efficace strumento di propaganda e divulgazione coloniale fu impedita dalle ristrettezze economiche della Società. Un nucleo di un Museo Commerciale Coloniale fu realizzato ugualmente presso la sede sociale della SAI dove, peraltro, già nei suoi primi anni di attività, erano esposte alcune collezioni botaniche e zoologiche.
Il Museo rifletteva l’approccio olistico tipico del mondo europeo della fine dell’Ottocento e degli inizi del Novecento nei confronti della realtà africana. L’allestimento espositivo, infatti, era composto da un’ampia varietà di materie prime e oggetti raccolti nel corso delle spedizioni finanziate dalla Società, acquistati da collezionisti oppure donati dai soci corrispondenti dall’Africa. Si arrivò così alla costituzione di una ricca collezione etnografica composta da armi, ornamenti personali, strumenti musicali, oggetti della vita domestica, imbarcazioni. A questa si aggiungono, oltre ad alcuni reperti archeologici, fotografie d’epoca e numerose stampe, anche cospicue collezioni zoologiche, malacologiche, geologiche e botaniche.
L’inaugurazione del nuovo Museo della Società Africana d’Italia nel 2014
Dopo una lunga fase di oblio il patrimonio museale della SAI sta avendo in anni recenti il giusto rilievo sia dal punto di vista espositivo che della ricerca scientifica. In tal senso, un primo importante passo è stato compiuto nell’ottobre 2014 con l’inaugurazione del Museo della Società Africana d’Italia, presso Palazzo Du Mesnil, sede del Rettorato dell’Università degli studi di Napoli “L’Orientale”.
In questa nuova sede è oggi esposta una selezione di materiali e manufatti dalle terre d’Africa, rappresentativi dell’intera collezione confluita nel 2017 nel Sistema Museale di Ateneo dell’Università “L’Orientale”.
La collezione botanica storica della Società Africana d’Italia
Nell’ambito della collezione museale della SAI, un posto importante è occupato dalla collezione botanica nella quale rientrano materie prime e manufatti di origine vegetale, raccolti perlopiù nelle regioni dell’Africa orientale. Nella complessità della collezione museale della SAI, le testimonianze del mondo vegetale sono rappresentate da oltre duecento campioni di diverse categorie vegetali, come semi, frutti, foglie, radici, legni e fibre tessili, oltre ad alcuni manufatti tessili e intrecciati, relativi a più di sessanta specie di piante di interesse alimentare, industriale e farmaceutico.
La porzione più cospicua della collezione botanica é raccolta dall’esploratore e naturalista napoletano Luigi Cufino, nell’ambito di due spedizioni della SAI: una prima fu effettuata in Eritrea, Sudan e Yemen nel 1913, mentre una seconda fu realizzata nella Somalia Italiana, nell’Africa Orientale Inglese e Tedesca nel 1914.
Un archivio di biodiversità del passato e del futuro
Raccolta con chiari intenti merceologici, oggi questa collezione rappresenta un’importante testimonianza di uno spaccato di un mondo vegetale in parte non più esistente.
Questa collezione costituisce una potenziale risorsa per la definizione della biodiversità del passato, in quanto i resti di semi e frutti, raccolti perlopiù nelle regioni del Corno d’Africa, possono fornire un valido confronto per lo studio dei resti vegetali provenienti da contesti archeologici dell’Africa nordorientale, al fine di poter ricostruire l’agricoltura, l’alimentazione e l’ambiente del periodo pre-protostorico di questo territorio.
Analogamente rappresenta una riserva di biodiversità del futuro come hanno già dimostrato alcune indagini preliminari, realizzate in collaborazione con il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università degli Studi di Siena, finalizzate all’estrazione del DNA e a una sperimentazione controllata di germinabilità di semi storici.